Violenza di genere: linee guida CSM per l’organizzazione e buone prassi per la trattazione dei procedimenti

di AVV. VALENTINA COPPARONI

Con delibera dello scorso 9 maggio la settima Commissione del CSM ha approvato le Linee guida in tema di organizzazione e buone prassi per la trattazione dei procedimenti relativi a reati di violenza di genere e domestica (leggi qui il testo completo della risoluzione) dopo un’analitica e specifica attività di istruttoria consistita nell’invio di un articolato questionario ai Presidenti dei Tribunali ed ai Procuratori della Repubblica al fine di acquisire informazioni più aggiornate in ordine all’istituzione di dipartimenti o gruppi specializzati presso le Procure o di sezioni specializzate presso i Tribunali, all’adozione di circolari o protocolli specifici interni, anche di natura investigativa, all’individuazione di altre soluzioni organizzative e di buone prassi volte a ridurre i tempi di trattazione dei procedimenti e a coordinare con gli altri attori istituzionali l’intervento giudiziario. I dati raccolti quindi sono stati esaminati ed hanno permesso di creare le basi su cui sviluppare le Linee Guida approvate lo scorso maggio tenendo ovviamente conto anche dei criteri di indirizzo provenienti sia da fonti nazionali che sovranazionali (tra le quali ricordiamo la decisione della Corte Edu del 2 marzo 2017, Sez. I, n. 41237/14, ric. Talpis c. Italia con la quale è stato affermato che dagli artt. 2 e 3 della CEDU scaturisce, a carico degli Stati, sia l’obbligo positivo di proteggere le persone vulnerabili, fra cui rientrano le vittime di violenze domestiche, attraverso misure idonee a evitare aggressioni alla vita e all’integrità fisica delle stesse, sia il dovere, per le autorità pubbliche, di instaurare un procedimento penale effettivo e tempestivo) che richiedono di:

a) riservare la trattazione dei procedimenti relativi all’area della violenza di genere e domestica a magistrati specializzati e, per le attività di indagine, a personale di polizia giudiziaria in possesso di analoga specializzazione;

b) includere gli stessi procedimenti tra quelli a trattazione prioritaria, con riduzione al minimo dei tempi di esaurimento delle varie fasi processuali;

c) realizzare forme di intervento integrato con gli enti locali, le strutture sanitarie, i servizi sociali, i centri antiviolenza e i soggetti del Terzo settore attivi sui territorio

Durante l’attività di sitruttoria della Settima Commissione sono stati anche ascoltati magistrati di uffici giudicanti e requirenti specializzati nel settore di interesse e selezionati tenendo conto delle dimensioni degli uffici di provenienza, con l’intento di individuare soluzioni organizzative meglio calibrate sulle varie tipologie di ufficio.

Di seguito il Comunicato Stampa del CSM con cui è stata data notizia dell’approvazione delle Linee Guida:

“La delibera del 9 maggio 2018 rappresenta uno dei punti culminanti del percorso intrapreso dal Consiglio su una materia che vede una enorme recrudescenza di fatti di reato, che hanno quindi reso necessario un intervento del CSM volto a promuovere le buone prassi organizzative al fine di rendere più efficiente ed efficace la risposta giurisdizionale.

Attraverso un monitoraggio, è stato analizzato l’assetto organizzativo degli uffici giudiziari, al fine di verificare la presenza di gruppi o sezioni specializzate, di protocolli con organismi esterni, di strumenti volti a ridurre i tempi di trattazione dei procedimenti.

Più specificamente, con riferimento all’organizzazione degli uffici requirenti, il punto di partenza è la constatata necessità di un approccio “specialistico” ai procedimenti per violenza di genere, che consente lo sviluppo di prassi investigative efficaci e il consolidamento di un background di conoscenze non solo giuridiche, così da consentire alle autorità inquirenti un migliore vaglio sulla fondatezza della notitia criminis, anche in funzione preventiva di eventuali escalation, e un più corretto rapporto con la vittima. Si rileva, quindi, che l’assetto organizzativo migliore coincida con la costituzione di dipartimenti/gruppi di lavoro specializzati, valorizzando le specifiche attitudini dei singoli magistrati in fase di assegnazione a tali raggruppamenti. A tal fine, il Consiglio reputa necessaria di una puntuale formazione da parte della Scuola superiore, necessità ancor più marcata per quegli uffici di ridotte dimensioni ove non è possibile la costituzione di gruppi di lavoro specializzati.

Quanto alle tipologie di reato, ferma restando l’autonomia organizzativa dei procuratori, le indicazioni contenute nella delibera vanno nel senso di allargare la sfera dei reati a tutti quelli contro la libertà sessuale e la famiglia, il femminicidio, la prostituzione minorile, i maltrattamenti, la pedopornografia, nonché quelli ex artt. 583 bis, 591, 593 bis e ter, 574 e 574 bis, 609 undecies, 414 bis c.p.

La stessa esigenza di specializzazione si pone per gli uffici giudicanti, per una migliore gestione della delicata fase dibattimentale. Viene quindi auspicata la creazione di sezioni specializzate in materia, o comunque di gruppi di lavoro nell’ambito della sezione o, infine, l’assegnazione ai collegi predeterminati con giudici specializzati.

Inoltre, attesa la complessità e delicatezza di tali procedimenti, si segnala l’opportunità di introdurre strumenti correttivi di riequilibrio rispetto alle pendenze medie sui ruoli.

Ovviamente, il criterio della specializzazione dovrebbe connotare anche la fase in cui è previsto l’intervento del GIP o del GUP, cui sono demandati incombenti delicati quali l’incidente probatorio per le vittime vulnerabili, o la definizione del giudizio mediante riti speciali.

Per quanto concerne i magistrati onorari, cui spesso sono affidati i procedimenti monocratici, è emersa la necessità di potenziarne la formazione, anche decentrata, e di garantire, ove possibile, una forma di specializzazione anche per costoro.

Altra positiva prassi organizzativa è l’utilizzo dello strumento processuale di cui all’art. 132 bis att. c.p.p., che consente corsie preferenziali per la trattazione dei procedimenti per violenza di genere e domestica.

In questa prospettiva, è auspicabile un’intesa fra gli uffici giudicanti e requirenti per un coordinamento e raccordo nell’individuazione dei criteri di priorità e nella scelta degli incombenti processuali più adeguati a garantire la protezione della vittima.

In parzialmente diversa ottica, la delibera si concentra sulle prassi virtuose che consentono a magistratura e forze di polizia di riconoscere gli indici sintomatici della violenza di genere e di garantire alla vittima una protezione efficace al di là dell’applicazione di misure cautelari.

In proposito, vanno valorizzati i protocolli operativi che garantiscono la specializzazione delle forze di polizia, un efficace coordinamento delle stesse con l’autorità giudiziaria, onde prevenire i rischi per la vittima, un’accurata attività di raccolta delle notizie di reato, la previsione – nelle Procure – di un c.d. “turno violenza”; l’adozione di strumenti ed accorgimenti – in fase investigativa e dibattimentale – tali da evitare danni emotivi alle vittime (si pensi alle modalità di ascolto della vittima, che – per il trauma psicologico subito – può avere bisogno della presenza di esperti in psicologia o psichiatria che supportino gli inquirenti). Sotto il profilo della protezione della vittima, si auspica poi la diffusione di informazioni complete, comprensibili e chiare alle potenziali vittime di violenza.

Ulteriori profili rilevanti riguardano l’opportunità di un coordinamento con la magistratura minorile, i giudici civili, le reti antiviolenza, i presidi sanitari e i servizi sociali, onde mettere a disposizione della magistratura tutti gli strumenti utili a prevenire i reati o, comunque, a fornire protezione e supporto alle vittime.”.

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