L’origine preferenziale

FOCUS SULL’ORIGINE DELLE MERCI E TUTELA DEL MADE IN ITALY (segue)

di avv. TOMMASO ROSSI

L’origine preferenziale non è un concetto “self effective”, ma è condizionato all’esistenza di un Accordo tra due o più Paesi tra i quali avviene lo scambio di merci. Si può affermare che di per sé l’origine preferenziale non esiste come concetto assoluto, ma è sempre in riferimento al Paese terzo verso il quale è effettuata la vendita all’esportazione del prodotto.

Esso si sostanzia come già anticipato in un trattamento daziario più favorevole concesso ai prodotti originari di quei Paesi con i quali, ferme restando le regole generali circa l’origine non preferenziale, l’UE ha stipulato accordi bilaterali (o trilaterali, etc.) e/o concessioni unilaterali1. E’ quest’ultimo il caso dei Paesi in via di sviluppo (PVS) nell’ambito del sistema della Preferenze Generalizzate (SPG). Nel caso di accordo bilaterale vige il principio di reciprocità del trattamento daziario favorevole, nel caso di accordo unilaterale si prescinde da esso.

Come detto, l’esistenza di tali accordi si riverbera in un più favorevole impatto daziario (minore o addirittura nullo) nelle transazioni commerciali, senza necessariamente avere effetti invece sulle misure di politica economica ovvero su altre restrizioni e divieti in importazione.

A ciò corrisponde, come è ovvio, l’esistenza di regole molto più rigide per individuare l’origine preferenziale di un prodotto.

Anzitutto le merci devono essere “prodotti originari” di un determinato Paese, ovverosia la merce deve essere stata nello stesso interamente prodotta ovvero oggetto di una lavorazione o trasformazione “sufficiente”.

Anche in questo caso, come visto in precedenza, si deve far riferimento alla regola del “salto di voce” del codice del Sistema Armonizzato (SA), secondo cui anche se il prodotto finito è ottenuto da materiali non originari e importati, lo stesso si considera comunque sufficientemente lavorato e trasformato quanto il prodotto ottenuto viene classificato in una voce doganale diversa da quella in cui sono classificati i materiali usati per produrlo.

Vi sono poi ipotesi in cui, nonostante il cambio di voce doganale, la lavorazione non è considerata “sufficiente” così come al contrario casi in cui è considerata “sufficiente” anche una lavorazione che non determina alcun cambio di voce. Sono, inoltre, considerate sempre insufficienti indipendentemente dal “salto di codice” quelle trasformazioni minime già analizzate nel paragrafo precedente.

Fondamentale è poi la regola del “trasporto diretto”, secondo cui i prodotti originari del paese accordista debbono essere trasportati direttamente nel paese di destinazione, senza attraversamento di paesi terzi non parte dell’accordo. L’unica possibilità di deroga è ammessa laddove le merci che attraversano un Paese terzo o vi sostano temporaneamente, rimangano sempre sotto la sorveglianza delle autorità doganali, senza subire alcun trattamento se non operazioni legate al carico/scarico e alla conservazione delle merci.

Gli Stati con cui l’Unione Europea ha stipulato accordi sono moltissimi, quali ad esempio l’Albania, Andorra, Ceuta e Melilla, Serbia, Kosovo, Islanda, Israele, Messico, Norvegia, Svizzera, Turchia, e i paesi in via di sviluppo appartenenti al SPG- Sistema della Preferenze generalizzate.

Gli operatori commerciali, all’atto dell’esportazione, dovranno essere in possesso di una serie di informazioni necessarie per poter dichiarare senza incorrere in alcun problema se le lavorazioni eseguite e/o la percentuale di materiali impiegati garantisce il rispetto delle regole di preferenzialità.

Si dovrà, dunque, conoscere l’esatto codice di classificazione del prodotto ottenuto per effetto della lavorazione, l’esatto codice dei materiali utilizzati, la distinzione percentuale della rilevanza sul prezzo tra componenti originarie e non.

A fronte del completo soddisfacimento di queste richieste, la merce potrà ottenere delle specifiche certificazioni dall’Autorità Doganale del Paese esportatore, quali il certificato di origine preferenziale EUR1 o EUR MED ovvero il FORM A (SPG nei confronti dei Paesi in via di sviluppo). Le merci previamente dovranno essere certificate da parte dell’esportatore, mediante il formulario EUR2 o con dichiarazione su fattura a norma dell’art 89 o 116 Reg. CE 2454/93. La dichiarazioni del fornitore, inserita a loro volta in una dichiarazione, sarà invece fondamentale per garantire la veridicità della dichiarazione che dovrà fare in dogana l’esportatore. Il fornitore può fare due tipologie di dichiarazioni: specifica e separata, per ciascuna spedizione di merce oppure a lungo termine, quando il fornitore spedisce periodicamente al compratore merci delle medesime caratteristiche per quanto attiene la preferenzialità. Sulla certificazione di origine torneremo, infra al capitolo 4.

Per cercare di ovviare alla complessità della gestione della preferenzialità in capo all’operatore commerciale, in molti accordi tra UE e Paesi extra-UE viene prevista la c.d. “separazione contabile”, secondo cui se la detenzione di scorte di materiali originari e non originari “identici e intercambiabili” comporta costi notevoli o difficoltà pratiche, su richiesta scritta degli interessati le autorità doganali autorizzano la gestione di tali scorte con il metodo della separazione contabile. Esso consiste nell’evitare di tenere fisicamente separati i due flussi di prodotti, stoccandoli dunque unitariamente, ma garantendo una separazione contabile tra i prodotti originari e quelli non originari, tenendo la sola rilevazione contabile dei prodotti originari introdotti nello stock (c.d. “plafond di preferenzialità”), di modo che in un dato periodo di riferimento vi sia equilibrio tra i prodotti originari e non.

Fino alla concorrenza di detto plafond di preferenzialità, dunque, la ditta esportatrice potrà indicare i prodotti come di origine preferenziale, indipendentemente dai materiali utilizzati per ottenere quel prodotto. Allo stesso modo, esaurito tale plafond, non potranno più essere indicate come preferenziali merci in esportazione, indipendentemente dal fatto che nello stock fisico residuo vi siano prodotti effettivamente originari.

1Cfr. Massimo Fabio, Manuale di diritto e pratica doganale, IPSOA, Milano, 2017.

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