di Dott.ssa Gaia Genovesi (collaboratrice Rossi, Copparoni & Partners Studio Legale)
Ai fini della completezza della Valutazione Ambientale Strategica è indispensabile l’apprezzamento degli impatti ambientali cumulativi, che consiste nella considerazione degli effetti sull’ambiente derivanti da piani/programmi già attuati nei pressi del sito oggetto della Valutazione. Inoltre, nel caso in cui il Piano da attuare sia fortemente impattante a livello ambientale, è fondamentale che i potenziali danni all’ecosistema siano giustificati da comprovate ed impellenti esigenze produttive. Da ciò deriva che la stima del volume estraibile per l’attività di cava deve essere attuata sulla base del fabbisogno estrattivo effettivo ed attuale.
IL CASO. Con la sent. n. 05219/2023, il Consiglio di Stato, annullando la decisione del TAR Marche n. 00326/2022 (CLICCA QUI PER LEGGERLA), si è espresso sulla fondatezza del ricorso presentato da Italia Nostra ONLUS con l’avvocato Tommaso Rossi del foro di Ancona e ha annullato la Variante Parziale del Piano Provinciale Attività estrattive (PPAE) deliberata dalla Provincia di Ancona nel 2021, finalizzata alla realizzazione di cave nell’area di Monte Sant’Angelo per il reperimento di materiali rari.
La statuizione del Consiglio di Stato si colloca alla fine di un lungo susseguirsi di vicende legali e giudiziarie iniziato nel 2006, anno in cui la ricorrente impugnava la versione originaria del PPAE innanzi al TAR Marche, che accoglieva il ricorso sulla scorta di importanti carenze istruttorie relative alla lacunosa individuazione a livello cartografico dei divieti esistenti sull’area. Dopo la conferma della suddetta sentenza ad opera del Consiglio di Stato, ricominciava l’iter di approvazione del PPAE al fine di individuare come idoneo il bacino di Monte Sant’Angelo per l’estrazione di materiali rari. Anche contro tale provvedimento Italia Nostra proponeva un nuovo ricorso, accolto nel 2013 dal TAR Marche. Tuttavia, il Consiglio di Stato riformava la sentenza emessa in primo grado a causa della natura endoprocedimentale del provvedimento impugnato.
A seguito di quest’ultima pronuncia, l’iter di approvazione della Variante del PPAE veniva riavviato e nuovamente impugnato dalla ricorrente davanti al TAR Marche. Le censure riguardavano, fra le altre cose, il difetto di istruttoria relativo alla mancata valutazione in sede di VAS degli impatti cumulativi, e la violazione della L. R. 71/97 nella parte in cui prevede la necessità di quantificare i volumi estraibili sulla base di un fabbisogno attuale. Nel caso di specie, infatti, Italia Nostra sosteneva che la quantità di materiale da estrarre fosse stata individuata sulla base di un fabbisogno ormai obsoleto, risalente ai tempi della programmazione originaria del 2006. Perciò, nel ricorso si lamentava un sacrificio ambientale non giustificato da reali esigenze produttive.
Il Giudice di primo grado riteneva infondati i suddetti motivi di ricorso, successivamente accolti dal Consiglio di Stato con la sentenza in esame.
LA QUESTIONE. Le questioni giuridiche sottese alla decisione in commento riguardavano in primis la possibilità del ricorrente di impugnare il Piano Provinciale, di cui l’Amministrazione resistente discuteva la natura direttamente lesiva. La Provincia, infatti, riteneva che il Piano Cave fosse un mero atto di programmazione, che avrebbe prodotto effetti solo a seguito di eventuali atti applicativi dello stesso. Pertanto, la questione preliminare appena enunciata rilevava per accertare l’interesse a ricorrere di Italia Nostra.
In secondo luogo, per il Consiglio di Stato si rendeva necessario verificare la completezza del Rapporto Ambientale redatto successivamente alla Valutazione Ambientale Strategica che, sia ai sensi della Direttiva 2001/42/CE, sia ai sensi dell’Allegato VI D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’Ambiente), deve prevedere anche la considerazione degli impatti cumulativi, sinergici e secondari causati dai piani/programmi. Di conseguenza, il Consiglio di Stato valutava la conformità della VAS sia riguardo la normativa interna, che riguardo quella internazionale, in cui la valutazione degli impatti cumulativi diventa espressione del principio di precauzione, secondo il quale possono essere autorizzati solo quei piani/programmi che, sulla base di dati oggettivi, non incidano sull’ecosistema anche potenzialmente.
Per ultimo, rilevava anche la questione giuridica inerente il rapporto tra esigenze produttive e tutela dell’ambiente, che nel caso di specie si concretizzava nell’identificazione del quantitativo di materiale estraibile. Sul punto, rileva l’art. 8 della L.R. 71/97, secondo cui il PPAE deve avere come obiettivo la soddisfazione delle esigenze del settore in un contesto di tutela del territorio e dell’ambiente.
LE SOLUZIONI GIURIDICHE. Nel dirimere la prima delle questioni giuridiche sopraesposte, il Consiglio di Stato ha posto in essere un’interessante analogia tra lo jus aedificandum e la disciplina delle attività estrattive. Il Collegio infatti, nel rigettare l’eccezione della parte resistente relativa alla natura meramente propulsiva del provvedimento impugnato, ha ritenuto che le prescrizioni inerenti le potenzialità edificatorie – e, per analogia, anche estrattive – di un’area comportino un onere di immediata impugnabilità delle stesse da parte dei proprietari dei suoli oggetto dell’edificazione. Da ciò derivava l’onere di impugnare anche la zonizzazione delle attività estrattive da parte degli interessati, che, nel caso di specie, veniva adempiuto dalla ricorrente con l’impugnazione del PPAE volto ad individuare il Monte Sant’Angelo come area deputata alle attività di cava.
Passando alla trattazione del motivo di appello relativo la mancata valutazione degli impatti ambientali cumulativi, il Consiglio di Stato, ritenendo fondate le censure mosse da Italia Nostra, faceva luce sulla necessità di considerare concretamente gli impatti causati non solo dal piano oggetto di Valutazione Ambientale, ma anche dalle attività estrattive in corso e/o concluse sul territorio. Secondo il Collegio, infatti, non era sufficiente un generico richiamo nel Rapporto Ambientale ai “diversi bacini estrattivi”, ma si rendeva necessario operare un’indagine complessiva riferita agli specifici siti estrattivi limitrofi. Di conseguenza, il Consiglio di Stato rilevava un’assoluta omissione di tale valutazione in sede di VAS, in cui non era mai stato neanche citato il sito vicino Monte le Cone.
L’ultimo aspetto esaminato dal Consiglio di Stato riguardava, nel particolare, il rispetto della L.R. 71/97 in relazione ai quantitativi estraibili calcolati in base al fabbisogno estrattivo; tuttavia, la questione ha assunto una rilevanza più ampia, poiché la sentenza si è espressa sul rapporto tra le esigenze produttive e la tutela dell’ambiente e del paesaggio, giustificando un sacrificio di questi ultimi valori solo nel caso in cui sia strettamente necessario per esigenze comprovate.
Nel caso di specie, la ricorrente riteneva che non ci fosse alcuna necessità di assegnare l’intero quantitativo estraibile previsto dal PPAE, ove tale scelta non fosse giustificata da un reale fabbisogno. Sulla base di queste argomentazioni, il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza di primo grado in cui le censure si dichiaravano infondate sulla base del ragionamento secondo cui gli operatori del settore non avrebbero intrapreso un’attività onerosa come quella estrattiva se non ce ne fosse stata la necessità. Sul punto, la sentenza di appello ha affermato che un simile motivazione avrebbe svilito del tutto la funzione programmatoria della Provincia, che, per mezzo del PPAE, avrebbe potuto limitare il volume estraibile sulla base del fabbisogno attuale, evitando di dar luogo a coltivazioni superflue e, quindi, dannose per l’ambiente e per il paesaggio.
OSSERVAZIONI. La sentenza in commento si pone in un’ottica fortemente garantista dei valori costituzionali dell’ambiente e del paesaggio. Con questa pronuncia, infatti, i Giudici Amministrativi hanno fatto luce su quegli elementi indispensabili per la completezza della Valutazione Ambientale Strategica, che, pur essendo un procedimento rimesso alla discrezionalità dell’Autorità procedente, non deve omettere la considerazione di elementi essenziali per valutare gli impatti ambientali causati dal piano/programma.
La pronuncia si rivela estremamente importante anche perché traduce perfettamente il principio di sostenibilità, che da decenni ormai guida l’azione delle Nazioni Unite e, di conseguenza, dell’Unione Europea. Il Consiglio di Stato, infatti, esprimendosi sul precario equilibrio fra esigenze produttive e tutela dell’ambiente, ha giustificato un sacrificio dello stesso solo ove fosse oggettivamente indispensabile. In merito, i Giudici Amministrativi hanno sottolineato il ruolo fondamentale dell’attività pianificatoria provinciale e Regionale, attraverso cui le amministrazioni possono disciplinare anche in via precauzionale il rapporto tra attività antropiche e tutela dell’ecosistema.