di AVV. TOMMASO ROSSI
In questi giorni, oltre all’emergenza Coronavirus in sé e per sé, che dovrebbe (e purtroppo spesso non è) essere oggetto esclusivamente di dibattiti scientifici rimessi ad esperti del settore, si fa un gran parlare dello scontro istituzionale tra il Governo guidato dal Premier Giuseppe Conte e la Regione Marche (che in primavera dovrà andare alle urne per eleggere il nuovo Governatore), ed in particolare il suo Governatore Luca Ceriscioli.
Allo scopo di evitare il diffondersi del COVID-19 e tenuto conto del carattere particolarmente diffusivo dell’epidemia e dell’incremento dei casi anche sul territorio nazionale, dopo una riunione del Comitato operativo nella sede del Dipartimento della Protezione Civile, il Consiglio dei Ministri,ha approvato il decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 (CLICCA QUI PER LEGGERE IL PROVVEDIMENTO) che introduce misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019.
La Regione Marche, dopo un primo stop alla annunciata ordinanza, ha emanato l’Ordinanza n.1 del 25/2/2020.
Occorre sin da subito puntualizzare che, pur restando la salute un tema affidato dall’art. 117 co.3 COST alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni, quando lo Stato emette una norma su uno specifico punto, la competenza della Regione è recessiva rispetto alla norma dettata dallo Stato. Tale evidente sovraordinazione del precetto nazionale rispetto a quello regionale discordante è ancor più marcata in una situazione come questa che non attiene tanto (e solo) al normale ambito della salute in senso stretto, ma alla gestione di una crisi di portata internazionale e nazionale con un insieme di norme al confine tra la materia salute, protezione civile (entrambe di competenza concorrente) e, addirittura, l’ordine pubblico e la sicurezza (di competenza esclusiva dello Stato).
La Regione potrà, dunque, con la propria normativa dettagliare le modalità operative della norma nazionale, adattandole alla concreta realtà territoriale, ma non potrà alterarne i principi e i limiti, ampliandoli o restringendoli a proprio piacimento.
Il DECRETO LEGGE 23/2/2020 n.6
Il decreto interviene in modo organico, nell’attuale situazione di emergenza sanitaria internazionale dichiarata dall’Organizzazione mondiale della sanità, allo scopo di prevenire e contrastare l’ulteriore trasmissione del virus.
Il testo prevede, tra l’altro, che nei comuni o nelle aree nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un’area già interessata dal contagio, le autorità competenti sono tenute ad adottare ogni misura di contenimento adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica.
Tra le misure sono inclusi, tra l’altro:
- il divieto di allontanamento e quello di accesso al Comune o all’area interessata;
- la sospensione di manifestazioni, eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato;
- la sospensione dei servizi educativi dell’infanzia e delle scuole e dei viaggi di istruzione;
- la sospensione dell’apertura al pubblico dei musei;
- la sospensione delle procedure concorsuali e delle attività degli uffici pubblici, fatta salva l’erogazione dei servizi essenziali e di pubblica utilità;
- l’applicazione della quarantena con sorveglianza attiva a chi ha avuto contatti stretti con persone affette dal virus e la previsione dell’obbligo per chi fatto ingresso in Italia da zone a rischio epidemiologico di comunicarlo al Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria competente, per l’adozione della misura di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva;
- la sospensione dell’attività lavorativa per alcune tipologie di impresa e la chiusura di alcune tipologie di attività commerciale;
- la possibilità che l’accesso ai servizi pubblici essenziali e agli esercizi commerciali per l’acquisto di beni di prima necessità sia condizionato all’utilizzo di dispositivi di protezione individuale;
- la limitazione all’accesso o la sospensione dei servizi del trasporto di merci e di persone, salvo specifiche deroghe.
Si introduce, inoltre, la facoltà, per le autorità competenti, di adottare ulteriori misure di contenimento, al fine di prevenire la diffusione del virus anche fuori dai casi già elencati.
L’attuazione delle misure di contenimento sarà disposta con specifici decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, sentiti i Ministri e il Presidente della Regione competente ovvero il Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, nel caso in cui gli eventi riguardino più regioni. Nei casi di estrema necessità ed urgenza, le stesse misure potranno essere adottate dalle autorità regionali o locali, ai sensi dell’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, fino all’adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ai fini sanzionatori, il decreto stabilisce che il mancato rispetto delle misure di contenimento è punito ai sensi dell’articolo 650 del Codice penale.
Infine, il testo prevede che il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell’Interno, assicuri l’esecuzione delle misure avvalendosi delle forze di polizia e, ove occorra, delle forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali.
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I DECRETI ATTUATIVI DEL PRESIDENTE CONSIGLIO DEI MINISTRI:
Dpcm 23 febbraio 2020
In seguito ai focolai registratisi in Lombardia e Veneto, il Dpcm individua i Comuni interessati dalle misure urgenti per il contenimento del contagio in attuazione del decreto-legge 6/2020 e ad integrazione di quanto già disposto nelle adottate dal Ministro della salute d’intesa con
il Presidente della Regione Lombardia e della Regione del Veneto rispettivamente in data 21 febbraio 2020 e 22 febbraio 2020:
- Lombardia: Bertonico; Casalpusterlengo; Castelgerundo; Castiglione D’Adda; Codogno; Fombio; Maleo; San Fiorano; Somaglia; Terranova dei Passerini.
- Veneto: Vo’.
Il Dpcm inoltre dispone che tutti gli individui che dal 1° febbraio 2020 sono transitati ed hanno sostato in tali Comuni sono obbligati a comunicare tale circostanza al Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria competente per territorio, ai fini dell’adozione, da parte dell’autorità sanitaria competente, di ogni misura necessaria, ivi compresa la permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva.
I dipendenti delle aziende che si trovano nelle aree a rischio di contagio da coronavirus potranno ricorrere alla modalità di lavoro agile in via automatica. Tale disposizione consente ai dipendenti assunti con rapporto di lavoro subordinato di svolgere la propria attività lavorativa in modalità domiciliare ovvero in modalità a distanza, e quindi all’esterno dei locali aziendali, per evitare il più possibile contatti prolungati e ravvicinati con persone che potrebbero essere infette.
Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 24 febbraio 2020
Il decreto, in corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, sospende i versamenti delle imposte, delle ritenute e gli adempimenti tributari per i contribuenti e le imprese residenti o che operano negli undici comuni interessati dalle misure di contenimento del contagio da Coronavirus individuati dall’allegato 1 del Dpcm 23 febbraio 2020. La sospensione riguarda anche le cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione e quelli conseguenti ad accertamenti esecutivi. Il decreto riguarda i versamenti e gli adempimenti scadenti nel periodo compreso fra il 21 febbraio e il 31 marzo 2020.
Dpcm 25 febbraio 2020
Il Dpcm introduce nuove misure volte al contrasto e alla prevenzione dell’ulteriore diffusione del virus COVID-19 in materia di svolgimento delle manifestazioni sportive di ogni ordine e disciplina, di organizzazione delle attività scolastiche e della formazione superiore, di prevenzione sanitaria presso gli Istituti penitenziari, di regolazione delle modalità di accesso agli esami di guida, di organizzazione delle attività culturali e per il turismo.
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L’ORDINANZA DELLA REGIONE MARCHE. L’ANALISI
L’Ordinanza n.1 del 25/2/2020 della Regione Marche introduce nel territorio regionale, fino al 4 marzo, un regime equiparabile a quello previsto dal d.l. 6 del 23/2/2020 per le aree oggetto di individuato focolaio del virus.
L’ordinanza si fonda, in motivazione, sulla prossimità del territorio marchigiano con quello della Regione Emilia Romagna, in cui vi erano dei casi confermati di positività al COVID-19
L’ordinanza marchigiana richiama l’art. 2 del decreto legge n.6, secondo cui “Le autorita’ competenti possono adottare ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia da COVID-19 anche fuori dai casi di cui all’articolo 1, comma 1” e l’art. 3 comma 2 del medesimo decreto legge secondo cui “le misure di cui agli articoli 1 e 2 possono essere adottate ai sensi dell’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833“.
In verità, quest’ultimo articolo 3 co.2 viene richiamato solo parzialmente, “dimenticandosi” la parte della norma che limita il ricorso a tale metodologia provvedimentale solo “Nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1, nei casi di estrema necessita’ ed urgenza le misure di cui agli articoli 1 e 2″.
Il richiamo all’art. 2 del d.l. n. 6 (“Ulteriori misure di gestione dell’emergenza”)- al netto della circostanza che tale norma è sicuramente mal scritta (rectius, “scritta frettolosamente”)- è a mio avviso errato. La norma statale deve, necessariamente, intendersi come una norma “aperta” che apre sì alla possibilità che “le autorita’ competenti possono adottare ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia da COVID-19 anche fuori dai casi di cui all’articolo 1, comma 1“, ma sempre rispettando il canone di cui all’art. 1 co 1 del D.L., ovvero che la misura sia “adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica”.
In sostanza, l’art. 2, ad avviso di chi scrive, intendeva non racchiudere nella previsione normativa nelle sole tassative ipotesi tipizzate di diffusione, di cui all’art.1 comma 1, per le quali il D.L. prevede le misure di cui all’art. 1 co.2, ma tenere una “finestra aperta” per altre possibili ipotesi.
Ma il crisma della proporzionalità ed adeguatezza, non può non tradursi in due possibilità che l’art. 2 del D.L. aveva evidentemente nelle proprie intenzioni ovvero:
- altre misure rispetto a quelle elencate nel comma 2 (ma sempre nei limiti di necessità presi in esame nel co.1)
- altri limiti rispetto a quelli di cui al comma 1 (quindi come nel caso delle Marche eventualmente), ma misure meno stringenti di quelle elencate dal co.2 a titolo esemplificativo.
- Non può dunque, a mio avviso, MAI intendersi la norma di cui all’art. 2 del D.L. come un modo per derogare ai limiti di necessità di cui al comma 1 dell’art. 1 e al tempo stesso di applicare le stesse misure previste dal comma 2.
- Si sarebbero, dunque, da Regioni come le Marche, potute soltanto applicare misure di tipo diverso rispetto a quelle prese in considerazione dal comma 2, e meno stringenti non sussistendo i presupposti di applicabilità di cui al comma 1.
In ogni caso, rispettando il canone di cui all’art. 1 co 1 del D.L., ovvero che la misura sia “adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica”.
E, ai sensi dell’art. 3, le ulteriori misure di cui all’art. 2 possono essere approvate direttamente dai Governatori regionali, senza attendere l’emanazione di un Decreto del Presidente Consiglio dei Ministri ( norma di rango statale), nelle more di detta adozione, solo nei casi di estrema necessita’ ed urgenza, ai sensi dell’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, dell’articolo 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dell’articolo 50 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
All’epoca dell’emissione dell’ordinanza della Regione Marche,non vi era senza dubbio ad avviso di chi scrive il rispetto del canone della adeguatezza e proporzionalità della misura rispetto all’evolversi della situazione del contagio, facendosi richiamo a dire stesso della Regione Marche al solo criterio di vicinitas con la Regione Emilia Romagna, nella quale peraltro ci sono soltanto dei casi singoli e non un “focolaio” inquadrato.
Il Consiglio dei Ministri, per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, ha impugnato l’ordinanza regionale in data 26 febbraio 2020 avanti al TAR Marche, chiedendo un decreto cautelare inaudita altera parte.
La funzione dei provvedimenti cautelari interinali di competenza del Presidente non è quella di anticipare gli effetti della tutela cautelare ordinaria, ma quella di prevenire, «in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla camera di consiglio», il maturarsi di pregiudizi irreversibili a fronte dei quali risulterebbe inutile la concessione di un ordinario provvedimento cautelare collegiale nella camera di consiglio a ciò destinata.
Il fatto che, successivamente, vi sono stati 3 casi di contagio anche nel territorio della Regione Marche non sposta a mio avviso in alcuna maniera il problema. Il comma 1 dell’art.1 del D.l. 6, infatti, specifica infatti che le misure di cui al successivo comma 2 (e le ulteriori come detto applicabili ai sensi dell’art.2) si applicano“nei comuni o nelle aree nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi e’ un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un’area gia’ interessata dal contagio del menzionato virus”.
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BREAKING NEWS – LA DECISIONE DEL TAR
Nel mentre stavo scrivendo questo focus, il Tar delle Marche, con decreto urgente del suo presidente, ha sospeso in via cautelare l’ordinanza con la quale la Regione aveva disposto la chiusura di scuole, musei, e inibito tutte le manifestazioni pubbliche di qualsiasi natura sino alle ore 24 del 4 marzo prossimo al fine di contrastare la diffusione del coronavirus.
Ritengono i giudici amministrativi che:
“Considerato che il D.L. 23.2.2020 n. 6 – al fine di contrastare la diffusione del coronavirus – prevede, al ricorrere di tassativi presupposti, l’assunzione di misure pesantemente incidenti su diversi diritti e libertà costituzionali;
Rilevato che la ricorrente Presidenza del Consiglio dei Ministri lamenta che la Regione Marche avrebbe emesso l’impugnata ordinanza in assenza del presupposto (individuato dall’art. 1, comma 1, del D.L.n. 6 del 2020) che nella zona risulti “positiva almeno una persona”;
Considerato che la legittimità del provvedimento amministrativo deve essere valutata, in sede giurisdizionale, alla stregua della situazione di fatto e di diritto sussistente al momento della emissione, risultando irrilevanti le sopravvenienze, secondo il principio “tempus regit actum” (cfr. ex multis: Cons. St. Sez. IV, 30.7.2019, n.5395);
Rilevato che dall’ordinanza si rileva che non sussistevano, a quel momento, casi accertati di contagio nelle Marche, evidenziando quale presupposto “la prossimità del territorio marchigiano con la regione Emilia Romagna in cui sono stati rilevati casi confermati di contagio da COVID- 19”;
Considerato che – in questa fase di sommaria delibazione in via d’urgenza – la suddetta doglianza risulta fondata;
Ritenuto che anche l’ulteriore censura svolta dalla ricorrente, con la quale si prospetta che la Regione avrebbe erroneamente indicato, a sostegno del potere di ordinanza, la disposizione di cui all’art. 2 del D.L. n. 6 del 2020 – che prevede la possibilità per le autorità competenti di disporre misure “ulteriori”, al di fuori dei casi di cui all’art. 1 comma 1 (ossia anche in assenza del riscontro di almeno una persona positiva) – pare assistita dal fumus boni iuris, atteso che tali misure non possono essere altrettanto invasive, sia per intensità sia per latitudine, rispetto a quelle giustificate dalla presenza di un focolaio di infezione; in altri termini, la possibilità di adottare misure “ulteriori” va, in via sistematica, riferita ad interventi che comportino un sacrificio minore delle libertà individuali, rispetto a quelli previsti dall’art. 1 del cit. D.L. n. 6;”
In ogni caso ora si dovrà trattare la cautelare collegiale nella prima udienza utile calendarizzata al TAR Marche, ormai il 4 marzo e ormai a periodo di validità dell’ordinanza della Regione Marche cessato (fino al 4 marzo).