FOCUS SULL’ORIGINE DELLE MERCI E TUTELA DEL MADE IN ITALY- 1 parte
di AVV.TOMMASO ROSSI
Ogniqualvolta in una transazione commerciale si realizza una cessione di beni tra Stati diversi, e dunque vi è il passaggio di questi beni alla frontiera doganale, si rende necessario stabilire l’origine dei prodotti oggetto della transazione.
La disciplina comunitaria in materia di origine doganale delle merci è contenuta negli artt. da 59 a 68 del Reg. UE n. 952/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013 che istituisce il Codice Doganale dell’Unione (d’ora in avanti, CDU), nonché negli artt. 57 e 126 del Regolamento di Esecuzione UE n. 2015/2447 della Commissione del 24 novembre 2015, recante modalità di applicazione di talune disposizioni del Reg. UE 952/2013 che istituisce il CDU (d’ora in avanti RE) e dagli artt. 31-70 Reg. Delegato UE n. 2015/2446 della Commissione del 28 luglio 2015, che integra il Reg. UE n. 952/2013 in relazione alle modalità che specificano alcune disposizioni del CDU (d’ora in avanti RD).
L’origine doganale delle merci rappresenta uno dei quattro parametri fondamentali che il diritto doganale assume a fondamento dell’accertamento doganale, insieme a:
– qualità delle merci (e relativa classificazione tariffaria)
– quantità delle merci
– valore in dogana delle merci.
La combinazione di questi elementi vale a definire l’ammontare dell’obbligazione doganale (l’obbligo di una persona di corrispondere l’importo del dazio applicabile a una determinata merce in virtù della normativa doganale) e l’applicazione di misure politica commerciale.
In base all’accertamento doganale sono applicati i dazi all’importazione o all’esportazione e le altre misure previste nel quadro degli scambi delle merci.
L’importanza della combinazione di tali elementi si riflette sia in ambito tributario che extra-tributario, con importanti effetti quali fra gli altri:
– applicazione uniforme della tariffa doganale comune;
– informazioni al consumatore finale sull’etichettatura delle merci (ad es. apposizione del “Made in”);
– applicazione della normativa antidumping e di altre eventuali misure di politica commerciale previste dall’Accordo GATT (General Agreement on Tariffs and Trade, firmato il 30 ottobre 1947 a Ginevra da 23 Paesi con l’intento di realizzare un sistema multilaterale di relazioni commerciali e favorire la liberalizzazione del commercio mondiale) elevate dal Paese di destinazione verso il Paese d’origine della merce;
– riduzione o neutralizzazione dell’aliquota daziaria applicabile, in caso di rapporti preferenziali;
– quantificazioni della quota di restituzioni all’esportazione di merci che ne possono beneficiare.
Comprendere, dunque, se un prodotto può essere classificato come avente origine preferenziale oppure non preferenziale è determinante. In una transazione internazionale che vede come parti due imprese di Paesi che hanno siglato un accordo preferenziale bilaterale, ad esempio, la corretta individuazione dell’origine del prodotto- dando la prova che il prodotto ha subito “lavorazioni sufficienti” all’interno del Paese accordista assumendo così l’origine preferenziale- si riflette in maniera significativa sulla fiscalità in importazione, comportando dunque notevoli benefici sia all’operatore economico esportatore che al cliente importatore.
Tema, peraltro, in questi mesi di grande attualità e delicatezza per quanto concerne i rapporti doganali tra UE e Gran Bretagna per la gestione di tutte le ricadute della c.d. “Brexit”1.
Ma svilupperemo meglio questi concetti in seguito.
1Per un approfondimento sul tema, Benedetto Santacroce- Ettore Sbandi, “Per le imprese sarà decisivo pianificare i flussi di mercato”, in Il Sole 24 ore.com-Mondo, 13 agosto 2018, secondo cui “una hard Brexit comporterebbe il fallimento dei negoziati tra la Ue e Londra sul lato doganale, il disconoscimento dei criteri di origine preferenziale e di conseguenza l’applicazione dei dazi per tutte le merci movimentate tra i due sistemi. Al polo opposto, se il negoziato andrà a buon fine si porrebbero le basi per un accordo di libero scambio fondato, come tutti gli accordi del genere, sui protocolli di origine preferenziale. Questo significa che le merci originarie dalla Ue arriverebbero senza dazio in Gran Bretagna e viceversa. Verrà istituita un’unione doganale pura (sul modello di quella già siglata tra Bruxelles e la Turchia) o, come più probabile, verrà approvata un’area di libero scambio (sul modello di quella esistente con la Svizzera). Nel primo caso, una volta immesse in libera pratica in uno dei due sistemi, le merci potranno liberamente circolare senza dazio; nel secondo caso, invece, solo le merci effettivamente originarie dalla Ue o dalla Gran Bretagna potranno viaggiare in esenzione, e non anche quelle immesse in libera pratica ma originarie di altri Paesi. Che cosa succederebbe, invece, nel caso di un no deal? Se non dovessero essere raggiunti accordi commerciali, i due sistemi potranno continuare a dialogare utilizzando la base normativa e, soprattutto, la base tecnica condivisa. Il Regno Unito ha infatti recepito con un atto normativo tutta la disciplina e la giurisprudenza doganale unionale, cautelandosi dunque da lacune normative che si sarebbero presentate con eventuali strappi improvvisi”.